martedì 31 marzo 2009

Suzuki GT 750 1978 Special

Dopo avervi parlato della storia della tricilindrica Suzuki GT 750 è arrivato il momento di presentarvi una splendida cafè racer che ho scovato in rete nel momento in cui cercavo foto presentabili della GT 750.
Questa realizzazione è equipaggiata con il tricilindrico Suzuki nella versione del 1978, ma della moto originaria non è rimasto praticamente nulla.

Il telaio è una struttura realizzata ad hoc per il motore Suzuki, a cui è stato accoppiato un forcellone (cromato per l'occasione) proveniente da un'altra maxi Suzuki: la GSX-R 1000 del 2005. Dalla sportiva a quattro tempi di Hammamatsu proviene anche il codone, la forcella, le pinze dei freni, la pompa freno radiale e i comandi alloggiati sui semimanubri.
Altre chicche che contribuiscono a rendere questa cafè racer una moto davvero molto curata sono i cerchi in carbonio prodotti dalla BST (presenti solo nella prima foto), i freni a disco wave della Braking, e anche la splendida fattura delle piastre della forcella, realizzate, probabilmente, appositamente per il nuovo telaio.

Volevo farvi notare i nuovi silenziatori - molto simili nella forma e nelle dimensioni a quelli della racer Suzuki RGV 500 - e il serbatoio in alluminio, alloggiato sotto la sella e probabilmente ospitante l'olio da inviare al miscelatore (la GT 750 originariamente era dotata di lubrificazione separata).
L'elegante colorazione, inoltre, mette in risalto le splendide forme e la cura esecutiva del telaio in tubi. La strumentazione non ha subito modifiche, ma è stata alloggiata in una calandra cromata. Nuovo è anche il faro anteriore.

Non sono in grado di stabilire se il motore ha subito modifiche, ma sono presenti filtri aria "a fungo" sui carburatori e la conformazione delle espansioni di scarico è diversa rispetto al modello originario.

Questa Suzuki è l'ennesima dimostrazione di come, partendo da moto piuttosto datate, si possano plasmare motociclette, secondo me, davvero notevoli e ciclisticamente attualissime. In questo caso non penso sia stato economico realizzare il tutto, ma il risultato è incredibilmente degno di nota.

Davvero complimenti al creatore! Pensate questa moto con una bella livrea tributo a Barry Sheene!

Francè

PS: osservate il logo "Jack Daniels" sul carter!









Foto: Bikepics

domenica 29 marzo 2009

Photo #32 - Troy Corser #2

Nella foto in basso è ritratta una bellissima derapata in accelerazione dell'asso australiano Troy Corser, che dopo aver abbandonato la Yamaha YZF-R1, quest'anno gareggia con la debuttante quadricilindrica Bmw S 1000 RR.
Problemi di gomme hanno caratterizzato le prime due trasferte della scuderia tedesca, ma già dalla gara che si disputerà la settimana prossima sul circuito di Valencia, abituale "terreno di caccia" di Troy, la situazione potrebbe cambiare.
Nel frattempo godiamoci questa splendida dimostrazione di capacità di guida del "crocodile" australiano!

Francè



Foto: Faster & Faster

giovedì 26 marzo 2009

Suzuki GT 750 1972-1978

Gli anni '70 rimarranno nella memoria dei motociclisti non solo per alcune proposte che hanno tracciato una tappa fondamentale nello sviluppo del modo di intendere la motocicletta, ma anche per alcune realizzazioni dettate non solo dalla voglia di sperimentare ma anche da quella di stupire a tutti i costi.
Nel 1969 la Honda presentò la CB 750 e il mondo motociclistico non fu più lo stesso. Potenza, affidabilità, frazionamento a quattro cilindri, prezzo d'acquisto vantaggioso e qualità costruttiva erano tutte doti allora impensabili in una moto sola. Lo shock non colpì solo gli appassionati ma anche le case costruttrici, soprattutto europee, che cominciarono ben presto a chiudere i bilanci in rosso. Si salvarono solo le aziende italiane, ma la lotta basata sui numeri di produzione venne riservata esclusivamente alle case giapponesi, che in quel periodo dovevano ancora farsi una solida reputazione come costruttori di maxi moto in grande serie.

Entrando maggiormente nello specifico, le due giapponesi simbolo del periodo a cavallo tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 erano la Honda CB 750 Four e la Kawasaki Mach.
La Honda era una quattro cilindri in linea raffreddata ad aria che inaugurò il concetto di maxi-moto dal costo abbordabile, mentre la Kawasaki è ancora oggi una delle moto più incredibili che l'uomo abbia mai prodotto: tricilindrica a due tempi di 750 cc, raffreddata ad aria, con una ciclistica assolutamente non adeguata alle prestazioni di un motore cosi esuberante.
Razionalità e pazzia, per essere "romantici", contraddistinguevano queste due moto che mandarono immediatamente in delirio gli appassionati.

L'alternativa di Hammamatsu
La "terza via" venne proposta dalla Suzuki quasi contemporaneamente alle altre due moto. Presentata al salone di Tokyo del 1970 (in Italia arrivò alla fine del 1971) la GT 750 rappresentava l'ingresso della Suzuki nel "mondo delle grandi".
Il settore registrava buoni numeri di vendita e non entrare in questo segmento di mercato significava perdere una buona fetta di mercato e soprattutto notorietà.
La GT era dotata di un tre cilindri in linea di 738 cc e si distingueva dalla concorrenza per un elemento davvero inconsueto per quei tempi: il raffreddamento a liquido. Questo comportava benefici sia in termini di silenziosità che di rendimento termodinamico del propulsore. Le pareti dei cilindri completamente "liscie" rappresentarono una novità per le maxi dell'epoca.
Oltre a questa particolarità tecnica, la tre cilindri Suzuki era caratterizzata da una posizione di guida comoda, che lasciava intendere una progettazione orientata prevalentemente al mercato americano.
Sostanzialmente in Suzuki cercarono di unire il meglio dei due mondi Honda e Kawasaki: praticità e comfort della prima, e "cattiveria"motoristica della seconda.
La ciclistica votata al comfort aveva delle controindicazioni nella guida sportiva che molti appassionati erano comunque tentati di intraprendere date le ottime doti di accelerazione e potenza che un propulsore a due tempi cosi plurifrazionato era in grado di fornire. Sospensioni morbide, ma anche freno a tamburo nelle prime versioni permettevano tutto tranne che una guida spinta in tutta sicurezza.

Dal 1972 al 1978 la moto venne prodotta in sei serie e a parte aggiornamenti importanti come il doppio freno a disco anteriore introdotto nel 1973, la tricilindrica rimase sostanzialmente la stessa salvo un lieve aumento di potenza introdotto nel 1974 ed alcuni particolari estetici e colorazioni - caratteristiche che è ancora oggi prassi comune modificare, per distinguere ed evolvere il prodotto da un anno all'altro.

Per quanto riguarda le prestazioni del due tempi Suzuki, pensate che questo motore era in grado di sprigionare circa 67 cv e di portare la moto a velocità prossime ai 190 km/h. Il cambio era a 5 marce e l'alimentazione era fornita da una batteria di carburatori Mikuni da 32 mm. Questa Suzuki ottenne subito un buon successo di vendite in tutto il mondo, ma in Italia non conobbe una diffusione pari alle altre giapponesi che avevano dalla loro una personalità più spiccata.

L'impossibilità di sfruttare le doti del propulsore a causa di una ciclistica poco incline a sopportare dosi massiccie di sollecitazioni (difetto comune a molte giapponesi di quei tempi) venne aggirata da alcuni preparatori, che oltre a rendere questa maxi davvero molto appagante esteticamente, la resero in grado di recuperare il gap ciclistico che nella versione di serie, e con una guida "allegra", era impossibile non notare.
Le proposte più interessanti vennero create dalla SAIAD di Torino, importatrice della Suzuki in Italia in quel periodo, e dall'importatore francese che commissionò al corridore francese Jacques Roca un elenco di modifiche da apportare per rendere questa moto non solo più votata all'uso sportivo, ma anche più appetibile per gli appassionati francesi.
Dopo circa 63.000 esemplari venduti, la GT chiuse la sua carriera commerciale nel 1978, ultimo anno di produzione. Questa tricilindrica lasciò il testimone alla serie GS, caratterizzata da un propulsore a quattro cilindri in linea e a quattro tempi.

Ah quasi dimenticavo: nonostante la moto avesse tre cilindri, per amor di simmetria, si decise di optare per un silenziatore sdoppiato sul lato sinistro.




Suzuki GT 750 J (1° serie 1972-1973):





Suzuki GT 750 K (2° serie 1973-1974):


Suzuki GT 750 L (3° serie 1974-1975):



Suzuki GT 750 M (4° serie 1975-1976)
:



Suzuki GT 750 A (5° serie 1976-1977)
:




Suzuki GT 750 B (6° serie 1977-1978):


Suzuki GT 750 "Patroller":



Suzuki GT 750 S Vallelunga 1973
Definire splendida questa moto è abbastanza riduttivo e potrei parlarvi per ore di ciascun singolo particolare di questa belva. La SAIAD di Torino nei primi anni '70 era importatrice del marchio giapponese e partendo proprio dalla GT 750, allestì nel 1973 una versione speciale, denominata GT 750 S Vallelunga, che venne sviluppata per affrontare le gare riservate alle moto di serie.
La moto venne venduta in un numero limitato di esemplari (120).
Le modifiche rispetto alla versione di serie consistevano prevalentemente in una voluminosa carenatura, nei mezzi manubri, nelle pedane arretrate, e soprattutto nella cura riservata al tre cilindri, rivisto nei cilindri e nelle espansioni.
Dai 214 kg della versione normale si passò ai 190 della Vallelunga e la velocità massima, anche grazie alla carenatura, raggiunse circa 220 km/h.
Curiosità: il nome Vallelunga venne aggiunto successivamente in onore della vittoria di Renato Galtrucco alla Coppa Celere del 1973.
Semplicemente splendida.










Suzuki GT 750 Roca 1974
Un'altra gran bella preparazione venne eseguita dall'importatore francese della Suzuki, sotto la supervisione del pilota collaudatore Jacques Roca.
Le necessità che portarono alla nascita di questa moto non furono corsaiole, ma bensi commerciali. La GT 750 sul mercato francese subiva in maniera particolare il fascino delle cugine giapponesi, e l'importatore francese, pur di smaltire i numerosi pezzi invenduti decise, con l'ausilio e l'esperienza di Roca, di rivedere il progetto GT 750 in chiave sportiva.
Il risultato fu davvero sorprendente: la moto venne dotata di una nuova struttura monoscocca in poliestere, di colori sgargianti, che la portarono, insieme ad altre modifiche, al successo immediato facendo volatilizzare gli 800 esemplari allestiti e a costringere l'importatore francese ad ordinare un nuovo lotto di moto.









La Suzuki, inoltre, lavorò autonomamente al progetto di una tre cilindri due tempi da corsa, denominata TR 750, che in comune con la GT aveva esclusivamente i valori di alesaggio e corsa del tricilindrico.

Spero di poter provare una GT 750 prima o poi!

Francè

Foto: scorpiogt.be, suzukicycles.org, Flickr, suzukitandgtparts, Pavesi restauri e Suzuki2strokeclub

martedì 24 marzo 2009

domenica 22 marzo 2009

Pubblicità H-D Sportster 1200 S 2000

"Cambia tutto. Così velocemente che alle volte mi pare di aver perduto l'ormeggio. Così ogni tanto ho bisogno di guardare in giro per ritrovare qualche punto conosciuto. Per esser certo che certe cose se ne stanno ancora là. La mia casa dove abitavo qualche vita fa. Il negozio di giocattoli dove andavo col nonno al sabato mattina. La strada di curve che mi accompagnava lontano quando il mondo pareva avercela proprio con me. E il suono che aveva l'Harley quando faceva freddo. Quando grufolava un pò come se avesse mica voglia d'alzarsi. E la faccia del serbatoio della Sportster. Che passano gli anni, passa tutto quanto, e lui sta sempre là. Alle volte dimagrito. Altre cicciottino. Sempre sdraiato sul bicilindrico che sembra non cambiare mai. Cosicchè in mezzo a questo mare in tempesta ci sia ancora una solida sicurezza. Fatta di ferro. Acciaio. Tradizione.

P.S. L'Harley, tra un pò, compirà cent'anni. Per rimanere se stessa ha saputo cambiare. Interpretare il futuro è l'unica maniera per rispettare la tradizione."

Carlo Talamo

Foto: Fedro Triple

giovedì 19 marzo 2009

Kawasaki ZX-RR Yanagawa 2002 by Max Moto Modelling

Il 2008 si è chiuso con la clamorosa notizia dell'abbandono della Kawasaki dalla Motogp. L'avventura della casa di Akashi iniziò nel 2002, spinta dal cambio regolamentare che portò successivamente nella classe regina del motociclismo Aprilia, Ducati e anche, attraverso la fornitura di motori, la KTM.
Le "verdone" iniziarono il campionato con una moto davvero particolare, la cui caratteristica più appariscente era data dalle particolari forme della carenatura, davvero molto spigolosa e che, col senno di poi, avrebbe anticipato la linea delle moto stradali degli anni a venire.
L'elemento più strano della moto era dato dal voluminoso codone, soprannominato presto "cassetta porta CD", che nonostante caratterizzasse la moto, non le donava alla vista leggerezza e snellezza. I risultati furono davvero molto scadenti a causa di molti fattori che spaziavano dalla mancanza di un vero e proprio reparto corse a componenti fondamentali quali le gomme, Dunlop, davvero poco competitive rispetto alle Michelin che in quel periodo erano il punto di riferimento.

E' con piacere che parlo della riproduzione in scala di questa moto che ha corso nel primo anno di Motogp, soprattutto perchè, non essendo stata al vertice nel periodo in cui ha gareggiato, non è stata comunque "dimenticata". La realizzazione segue i dettami che i frequentatori assidui di questo blog hanno già visto per altre riproduzioni in scala, come è possibile osservare dalle foto che ho allegato.
Gli elementi degni di nota sono moltissimi: la catena di trasmissione verniciata in verde, le gomme vistosamente usurate, i distanziali delle pinze freno, l'adesivo della punzonatura, la colorazione iridescente del collettore posto sotto il codone, i freni in carbonio (uguali!!!), la viteria della carena, e addirittura anche i cordoni di saldatura presenti sul forcellone!

Chapeau al creatore!

Francè

PS: Volevo farvi notare anche un'altra particolarità: i diversi produttori di impianti frenanti per l'anteriore e posteriore! Concludo dicendo che a me questa moto è sempre piaciuta moltissimo. Era "ignorante" e "cattiva" proprio come secondo me deve essere una Kawa!

















Foto: Max Moto Modeling