giovedì 26 marzo 2009

Suzuki GT 750 1972-1978

Gli anni '70 rimarranno nella memoria dei motociclisti non solo per alcune proposte che hanno tracciato una tappa fondamentale nello sviluppo del modo di intendere la motocicletta, ma anche per alcune realizzazioni dettate non solo dalla voglia di sperimentare ma anche da quella di stupire a tutti i costi.
Nel 1969 la Honda presentò la CB 750 e il mondo motociclistico non fu più lo stesso. Potenza, affidabilità, frazionamento a quattro cilindri, prezzo d'acquisto vantaggioso e qualità costruttiva erano tutte doti allora impensabili in una moto sola. Lo shock non colpì solo gli appassionati ma anche le case costruttrici, soprattutto europee, che cominciarono ben presto a chiudere i bilanci in rosso. Si salvarono solo le aziende italiane, ma la lotta basata sui numeri di produzione venne riservata esclusivamente alle case giapponesi, che in quel periodo dovevano ancora farsi una solida reputazione come costruttori di maxi moto in grande serie.

Entrando maggiormente nello specifico, le due giapponesi simbolo del periodo a cavallo tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 erano la Honda CB 750 Four e la Kawasaki Mach.
La Honda era una quattro cilindri in linea raffreddata ad aria che inaugurò il concetto di maxi-moto dal costo abbordabile, mentre la Kawasaki è ancora oggi una delle moto più incredibili che l'uomo abbia mai prodotto: tricilindrica a due tempi di 750 cc, raffreddata ad aria, con una ciclistica assolutamente non adeguata alle prestazioni di un motore cosi esuberante.
Razionalità e pazzia, per essere "romantici", contraddistinguevano queste due moto che mandarono immediatamente in delirio gli appassionati.

L'alternativa di Hammamatsu
La "terza via" venne proposta dalla Suzuki quasi contemporaneamente alle altre due moto. Presentata al salone di Tokyo del 1970 (in Italia arrivò alla fine del 1971) la GT 750 rappresentava l'ingresso della Suzuki nel "mondo delle grandi".
Il settore registrava buoni numeri di vendita e non entrare in questo segmento di mercato significava perdere una buona fetta di mercato e soprattutto notorietà.
La GT era dotata di un tre cilindri in linea di 738 cc e si distingueva dalla concorrenza per un elemento davvero inconsueto per quei tempi: il raffreddamento a liquido. Questo comportava benefici sia in termini di silenziosità che di rendimento termodinamico del propulsore. Le pareti dei cilindri completamente "liscie" rappresentarono una novità per le maxi dell'epoca.
Oltre a questa particolarità tecnica, la tre cilindri Suzuki era caratterizzata da una posizione di guida comoda, che lasciava intendere una progettazione orientata prevalentemente al mercato americano.
Sostanzialmente in Suzuki cercarono di unire il meglio dei due mondi Honda e Kawasaki: praticità e comfort della prima, e "cattiveria"motoristica della seconda.
La ciclistica votata al comfort aveva delle controindicazioni nella guida sportiva che molti appassionati erano comunque tentati di intraprendere date le ottime doti di accelerazione e potenza che un propulsore a due tempi cosi plurifrazionato era in grado di fornire. Sospensioni morbide, ma anche freno a tamburo nelle prime versioni permettevano tutto tranne che una guida spinta in tutta sicurezza.

Dal 1972 al 1978 la moto venne prodotta in sei serie e a parte aggiornamenti importanti come il doppio freno a disco anteriore introdotto nel 1973, la tricilindrica rimase sostanzialmente la stessa salvo un lieve aumento di potenza introdotto nel 1974 ed alcuni particolari estetici e colorazioni - caratteristiche che è ancora oggi prassi comune modificare, per distinguere ed evolvere il prodotto da un anno all'altro.

Per quanto riguarda le prestazioni del due tempi Suzuki, pensate che questo motore era in grado di sprigionare circa 67 cv e di portare la moto a velocità prossime ai 190 km/h. Il cambio era a 5 marce e l'alimentazione era fornita da una batteria di carburatori Mikuni da 32 mm. Questa Suzuki ottenne subito un buon successo di vendite in tutto il mondo, ma in Italia non conobbe una diffusione pari alle altre giapponesi che avevano dalla loro una personalità più spiccata.

L'impossibilità di sfruttare le doti del propulsore a causa di una ciclistica poco incline a sopportare dosi massiccie di sollecitazioni (difetto comune a molte giapponesi di quei tempi) venne aggirata da alcuni preparatori, che oltre a rendere questa maxi davvero molto appagante esteticamente, la resero in grado di recuperare il gap ciclistico che nella versione di serie, e con una guida "allegra", era impossibile non notare.
Le proposte più interessanti vennero create dalla SAIAD di Torino, importatrice della Suzuki in Italia in quel periodo, e dall'importatore francese che commissionò al corridore francese Jacques Roca un elenco di modifiche da apportare per rendere questa moto non solo più votata all'uso sportivo, ma anche più appetibile per gli appassionati francesi.
Dopo circa 63.000 esemplari venduti, la GT chiuse la sua carriera commerciale nel 1978, ultimo anno di produzione. Questa tricilindrica lasciò il testimone alla serie GS, caratterizzata da un propulsore a quattro cilindri in linea e a quattro tempi.

Ah quasi dimenticavo: nonostante la moto avesse tre cilindri, per amor di simmetria, si decise di optare per un silenziatore sdoppiato sul lato sinistro.




Suzuki GT 750 J (1° serie 1972-1973):





Suzuki GT 750 K (2° serie 1973-1974):


Suzuki GT 750 L (3° serie 1974-1975):



Suzuki GT 750 M (4° serie 1975-1976)
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Suzuki GT 750 A (5° serie 1976-1977)
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Suzuki GT 750 B (6° serie 1977-1978):


Suzuki GT 750 "Patroller":



Suzuki GT 750 S Vallelunga 1973
Definire splendida questa moto è abbastanza riduttivo e potrei parlarvi per ore di ciascun singolo particolare di questa belva. La SAIAD di Torino nei primi anni '70 era importatrice del marchio giapponese e partendo proprio dalla GT 750, allestì nel 1973 una versione speciale, denominata GT 750 S Vallelunga, che venne sviluppata per affrontare le gare riservate alle moto di serie.
La moto venne venduta in un numero limitato di esemplari (120).
Le modifiche rispetto alla versione di serie consistevano prevalentemente in una voluminosa carenatura, nei mezzi manubri, nelle pedane arretrate, e soprattutto nella cura riservata al tre cilindri, rivisto nei cilindri e nelle espansioni.
Dai 214 kg della versione normale si passò ai 190 della Vallelunga e la velocità massima, anche grazie alla carenatura, raggiunse circa 220 km/h.
Curiosità: il nome Vallelunga venne aggiunto successivamente in onore della vittoria di Renato Galtrucco alla Coppa Celere del 1973.
Semplicemente splendida.










Suzuki GT 750 Roca 1974
Un'altra gran bella preparazione venne eseguita dall'importatore francese della Suzuki, sotto la supervisione del pilota collaudatore Jacques Roca.
Le necessità che portarono alla nascita di questa moto non furono corsaiole, ma bensi commerciali. La GT 750 sul mercato francese subiva in maniera particolare il fascino delle cugine giapponesi, e l'importatore francese, pur di smaltire i numerosi pezzi invenduti decise, con l'ausilio e l'esperienza di Roca, di rivedere il progetto GT 750 in chiave sportiva.
Il risultato fu davvero sorprendente: la moto venne dotata di una nuova struttura monoscocca in poliestere, di colori sgargianti, che la portarono, insieme ad altre modifiche, al successo immediato facendo volatilizzare gli 800 esemplari allestiti e a costringere l'importatore francese ad ordinare un nuovo lotto di moto.









La Suzuki, inoltre, lavorò autonomamente al progetto di una tre cilindri due tempi da corsa, denominata TR 750, che in comune con la GT aveva esclusivamente i valori di alesaggio e corsa del tricilindrico.

Spero di poter provare una GT 750 prima o poi!

Francè

Foto: scorpiogt.be, suzukicycles.org, Flickr, suzukitandgtparts, Pavesi restauri e Suzuki2strokeclub

9 commenti:

  1. Grande post Francè! Scritto con passione! Dal mio meccanico moto, poco tempo fa c'era una 750cc e credo che sia ancora li.. Cavolo i è venuta voglia di andare a dare una occhiata..
    Un saluto..

    Enrico

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  2. Anche dal mio ce n'era una in un angolino che aspettava amorevoli cure... Gran post, come al solito! Mi son messo sul desktop la foto della Roca bianca e verde: è di una bellezza unica.
    Confesso di avere da anni la voglia di provare una di queste "bare" a due tempi: un giretto su questa o sua una Kawa sarebbe proprio un bello sfizio!

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  3. Bellissima la Roca mio padre da giovane aveva una gt 380 la più piccola della serie, raffreddata ad aria un vero missile! e poi non era tanto bara volante quanto la Kawa che era una moto davvero ignorante!

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  4. Sinceramente non ho capito il motivo per cui la Roca è passata un pò in secondo piano nella memoria collettiva degli appassionati, rispetto alla vallelunga.

    Stefano piacerebbe anche a me guidare una moto del genere! almeno una volta va fatto, prima che tutto diventi ad idrogeno o elettrico :(

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  5. eccellente la vallelunga, da sogno per me.
    hai fatto molto bene a mettere la pubblicita' dell'epoca, molto kitsch, infatti non capisco molto chi si lamenta dei marketing attuali ( tra cui io prima di documentarmi sul passato) e pensa che all'epoca le moto non fossero destinate ad un mercato trendy.
    ti saluto, invitandoti caldamente a commentare ( se sai penso di si) su qualche moto sul mio sito di cui magari ho poche notizie( per esempio una aprilia rotax 250 gp replica di cui nulla ho trovato in giro anche per scarso tempo) . ciao
    anto

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  6. Anthony la scelta di mettere pubblicità è stata possibile innanzitutto perchè ho trovato molto su questa moto in rete...ma in realtà solo le pubblicità sono in grado di mostrare le foto della moto originale, senza modifiche più o meno velate. Inoltre, mettere pubblicità del passato, contribuisce a mio avviso, a calare il lettore nell'atmosfera "vintage" del post.


    Venendo alle critiche...sostanzialmente la penso cosi: prima si cercava di vendere esclusivamente moto attraverso messaggi più o meno velati.

    "Oggi", si cerca di vendere lo stesso prodotto con in più lo "stile di vita" che si decide di far attribuire al marchio. E dato che fino alla metà degli anni '90 il motociclismo è stato sempre uno sport un pò defilato, almeno in Italia, questo ha fatto nascere molte perplessità, soprattutto per chi, faccio l'esempio della Ducati, amava la Paso senza per forza dover andare al Ducati Caffè a far sfoggio del casco da 1000 euro, magari senza un moscerino spiaccicato su.
    La moto, meglio il marchio della moto, è diventato uno status symbol...e questo aspetto è diventato predominante al fatto stesso di andarci in moto...se poi ci progetti la moto in quest'ottica siamo a posto...


    La pubblicità è comunque "l'anima del commercio" oggi come ieri


    Per quanto riguarda le moto, vado a vedere e so qualcosa non mancherò di commentare!

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  7. francesco sono d'accordo con te su tutto , forse parzialmente sul solito e annoso discorso del progettare in funzione dello status symbol che rappresenta una marca e su cui si sono spese parole su parole. volevo dire che la donna nuda in pubblicita'è un chiaro segnale che il richiamo pubblicitario non è molto cambiato da allora. prima ero abbastanza convinto del contrario di cio', che prima cioè ci fosse piu' ingenuita', ma in questo momento non la penso piu' esattamente cosi'. o almeno non come prima. io ho vissuto indirettamente )perche' ero piccolo) l'epoca fine anni 70, inizio anni 80 in quanto a casa mia transitavano persone( molto diverse tra loro) con moto dell'epoca. pero' non voglio dilungarmi per non passare come uno troppo moderno o vittima del marketing, anche perche' ti considero aperto come mente per cui non voglio innescare discussioni inutili. pero' per me modaiola era una ducati 888 guidata da jerry cala' nel film Yuppies, o una GPz 900 sui viali di localita' di mare che ricordo bene, o un Bettino Craxi simbolo di una Milano da bere in sella ad una Paso alla sua uscita promossa da Ducati,modaiola è la 1198, modaiolo è un monster s2r col tipo in rayban molto omologato che mi si avvicino' una volta schifato alla mia V2 come fosse chissa' quale roba aliena, modaiola è la Guzzi di Enrico( spero non me ne voglia e lo saluto anzi dopo scambi di battute inutili).
    per cui consierando che io in strada non ci vado e che io guardo la moto in ottica pista, per me cio' che vale è il discorso tecnologico, che in tanti anni ha fatto passi da gigante. che poi le bombarde le si portino al bar, quello è un vizio che è sempre stato presente nel tempo per chi va in moto, di qualsiasi marca ed epoca e dipende dalla mente della gente non da chi fa moto. mi chiedo : perche' una grossa Harley puo' stare davanti al bar e un suzuki gsx 1000 no?
    spero di aver compreso bene il tuo appunto ,ciao e un grazie per ogni info che potrai darmi buon we.

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  8. Anthony inizio con il dirti che ho visto l'aprilia del post e non ho trovato alcune info a riguardo. Provo a cercare su un libro Aprilia che ho, e poi ti faccio sapere. Il fatto che è una replica (peraltro con alcuni dettagli che non mi sembrano poi cosi fedeli) non mi aiuta.


    Per quanbto riguarda il discorso di prima...l'idea che prima ci fosse ingenuità era anche una mia convinzione ad essere sincero.
    Mi sono "ricordato" che progettare, sviluppare e vendere moto non è affatto una attività di beneficienza...e oggi come ieri il problema è come immatricolare più moto.
    Però..un però c'è: prima non c'era tutto questo desiderio di apparire, di identificarsi in qualcosa, di aggregarsi in tribù di talebani monofede e monocolore, e forse ciò non è accaduto perchè il contesto e i mezzi di informazione non lo permettevano...sono troppo piccolo d'età per saperlo.

    A me il motociclismo di adesso non dispiace affatto...però duole sapere che le moto non solo non vengono ideate da appassionati (e non mi riferisco ai designer, ma a quelli che stabiliscono i budget) ma non vengono nemmeno fatte per gli appassionati. E non parliamo di qualità perchè c'è da mettersi le mani nei capelli.

    Io amo il motore a tre cilindri perchè ritengo che su strada sia un motore dolcissimo come erogazione e gestione della potenza.
    Che poi Triumph mi dica che se scelgo la tiger mi sentirò parte di una famiglia e bla bla bla, lo pensa solo lei...

    spero di aver colto il senso della tua risposta ;)

    Buon week end anche a te!

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  9. si hai ragione, su quella aprilia non sono molto convinto, in quanto il collezionista che mi ha mandato le foto ( insieme ad altre), non mi pare sapere bene cosa ha in casa.
    se sei sulla trentina o giu' di li', non siamo poi cosi lontani come eta'.
    io penso che ci sia una contraddizione di fondo, è vero la tendenza è di pensare che a pensare le moto siano i respobnsabili economici, ma ora ho cambiato idea in parte come ti dicevo, perche' vedo che gli investimenti che si fanno nei reparti corse servono poi a trasfondere tecnologie e cose che rendono le moto cosi evolute. poi sugli stili si puo' discutere, ovviamente è un parere personale. ciao

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